Studio delle modalità di innesco ed evoluzione della frana di San Benedetto Ullano

Background

Il 28 gennaio 2009, piogge eccezionali e prolungate hanno innescato una vasta frana da scorrimento in materiale detritico di derivazione metamorfica in località San Rocco, alla periferia meridionale di San Benedetto Ullano (CS). Il movimento di versante, che ha peraltro incluso una frana segnalata nel PAI, ha interessato gneiss migmatitici e scisti biotitici, fratturati ed alterati. Una dettagliata indagine geomorfologica in campagna, svolta durante l’intera fase di mobilizzazione, ha permesso di riconoscere l’evoluzione del fenomeno. Una serie di capisaldi sono stati prontamente collocati in corrispondenza delle fratture presenti sul corpo e lungo i fianchi della frana, per consentire ad una squadra di volontari (selezionati dall’Amministrazione comunale e addestrati dal CNR-IRPI) l’esecuzione di frequenti misure manuali degli spostamenti superficiali. In aggiunta, a partire dall’11 febbraio 2009, è stata implementata una rete di monitoraggio in tempo reale dei movimenti superficiali (con estensimetri a filo, ad alta precisione) e dei parametri meteorici. Sulla base dei dati ottenuti attraverso il sistema di monitoraggio, integrato con le evidenze scaturite durante i sopralluoghi ed i rilevamenti di dettaglio in campagna, sin dalle prime fasi di attivazione del fenomeno è stato implementato un sistema speditivo di sorveglianza in grado di fornire all’Amministrazione comunale un supporto oggettivo per la gestione dell’emergenza, evitando tragiche conseguenze in occasione delle fasi parossistiche.
Nei mesi seguenti l’innesco, è stata riconosciuta una chiara distribuzione retrogressiva dell’attività della frana, associata ad una tendenza all’allargamento verso i fianchi (ovvero, verso il cimitero ed il centro storico). Nel settore centrale del versante, l’attivazione iniziale è stata caratterizzata dalla comparsa di nuove emergenze sorgentizie. Agli inizi di maggio 2009, la crisi geo-idrologica sembrava conclusa, con spostamenti di entità limitata a soli pochi millimetri al mese.
Successivamente all’arresto del fenomeno, fu messo a punto uno schema geologico-tecnico del versante, essenzialmente basato sui dati raccolti attraverso un insieme di 5 sondaggi esplorativi (attrezzati con 4 inclinometri ed 1 piezometro): secondo i dati stratigrafici ed inclinometrici, gli spessori mobilizzati dalla frana variano da 15 a 35 metri lungo il profilo longitudinale del versante. Per esaminare le condizioni di stabilità del pendio interessato dalla frana, nonché per quantificare il ruolo delle oscillazioni della superficie freatica nella destabilizzazione del versante, fu condotta un’analisi parametrica all’equilibrio limite. Detta analisi confermò l’interpretazione del processo basata sulle osservazioni di campagna: la prima attivazione della frana è da attendersi, infatti, nella porzione centrale del pendio quando, nello stesso settore, i livelli di falda sono prossimi al piano campagna.
Tra il 31 gennaio ed il 1 febbraio 2010, a seguito di un nuovo periodo di piogge eccezionali e prolungate, la rete di estensimetri ha prontamente evidenziato l’inizio di una nuova fase di mobilizzazione della frana, accompagnata dall’apertura di fessurazioni lungo la viabilità locale e provinciale. L’11 febbraio, dopo ulteriori piogge straordinarie, è stata registrata una brusca riattivazione dello stesso fenomeno, con gravi danni alla viabilità ed alle infrastrutture. Nel complesso, la nuova fase di attivazione gravitativa ha replicato quanto osservato in occasione della precedente crisi (cominciata il 28 gennaio 2009), confermando quanto evidenziato dall’analisi all’equilibrio limite.
Sulla base dei risultati dell’analisi parametrica, è stato quindi possibile affinare il sistema di sorveglianza, precedentemente implementato, grazie alla migliore comprensione degli aspetti fisici dell’instabilità monitorata.

Con riferimento alle frane, l’Italia è esposta a condizioni di alto rischio (Guzzetti, 2000). Le abbondanti e prolungate piogge cadute nel 2008-2009 e 2009-2010 hanno innescato molte frane in Calabria, per lo più nella zona più settentrionale. Queste crisi geo-idrologiche sono state così gravi che il governo italiano ha dovuto dichiarare lo stato di emergenza in entrambi i casi.

Scopo

Studiare le modalità di innesco ed evoluzione di una grande frana che minaccia il centro abitato di San Benedetto Ullano (CS), riattivatasi in gennaio 2009 e febbraio 2010 a seguito di copiose e prolungate piogge. Lo studio è finalizzato, inoltre, a supportare l’amministrazione comunale in fase di emergenza mediante un sistema integrato di allerta.

Metodi

Monitoraggio remoto in continuo di grandezze fisiche, rappresentate in un sistema WebGIS. Integrazione con osservazioni periodiche in sito. Verifiche parametriche di stabilità. Modellazione idrologica (SAKe). Messa a punto di un sistema di supporto alle decisioni in fase di emergenza.

Risultati

Sistema di monitoraggio integrato (misure automatiche e manuali). Sistema di supporto alle decisioni in fase di emergenza. Rapporti tecnici e pubblicazioni scientifiche.

Prodotti

Applicazione del modello SAKe. Affinamento del modello di innesco pluviometrico da frana. Metodi, conoscenze e risultati applicativi divulgati tramite relazioni tecniche, seminari e articoli scientifici.

Conclusioni

Le attività hanno permesso di mettere a punto, e integrare in un sistema di supporto alle decisioni, le potenzialità di approcci basati su: rilievi geomorfologici (in campagna e da remoto); monitoraggio tradizionale e automatico, integrati in ambiente WEB-GIS; modellazione idrologica di innesco di frana (SAKe); modellazione geotecnica (analisi parametrica all’equilibrio limite).