Il terremoto di magnitudo Mw 6,0 del 24 agosto 2016 e la sequenza sismica in atto tra le province di Rieti, Perugia, Ascoli Piceno, L’Aquila e Teramo

Il bilancio delle vittime (dell’ordine delle centinaia) e della distruzione causati dal terremoto di magnitudo Mw 6.0, verificatosi il 24 agosto alle ore 3:36 italiane nella zona dell’Appennino centrale, ci ricorda ancora una volta la fragilità del territorio italiano. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) disponibili in rete (http://terremoti.ingv.it/it/ultimi-eventi/1001-evento-sismico-tra-le-province-di-rieti-e-ascoli-p-m-6-0-24-agosto.html ), il fuoco del terremoto si colloca nei pressi di Accumoli (piccolo centro nella Provincia di Rieti), ad una profondità di circa 4 km. I maggiori danni si registrano nei comuni più vicini all’epicentro (entro circa 10 km di distanza): Accumoli (Rieti), Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) e Amatrice (Rieti)

Dalla prima “Relazione di dettaglio evento sismico M 6.0, 24 agosto ore 03:36” dell’INGV (https://ingvterremoti.wordpress.com/2016/08/24/sequenza-sismica-tra-le-province-di-rieti-perugia-ascoli-piceno-laquila-e-teramo-conferenza-stampa-in-streaming-alle-ore-16-00-e-aggiornamento-delle-ore-15-00), si apprende che la zona interessata dalle numerose repliche (oltre 200 aftershocks), lunga circa 25 km, si estende in direzione all’incirca NNW-SSE. Questa è la direzione lungo la quale si è sviluppata la rottura della faglia responsabile del terremoto, caratterizzata da un meccanismo di tipo distensivo (si veda http://autorcmt.bo.ingv.it/QRCMT-on-line/E1608240136C.html), come la gran parte dei maggiori terremoti che hanno interessato in passato l’Italia centro-meridionale (per esempio Irpinia, 1980, Umbria-Marche, 1997, L’Aquila, 2009). Si tratta di una zona la cui alta sismicità è storicamente ben nota (terremoti di magnitudo tra 5.3 a 6.9 si sono verificati in questa zona nel 1627, 1639 e 1703), che hanno comportato la classificazione di questi territori entro la zona sismica di massima pericolosità.

Nonostante la magnitudo di questo evento rientri in una classe di terremoti che si considerano di entità moderata, i danni provocati sono risultati ingenti. Ciò è ricollegabile alla profondità molto bassa dell’ipocentro, alla debolezza strutturale delle costruzioni presenti nella zona, e alla presenza di possibili effetti di sito (ad es., amplificazione topografica nel caso di centri urbani costruiti sulle parti sommitali delle colline, come Accumoli).

Un altro rischio rilevante legato al terremoto del 24 agosto 2016 è rappresentato dalle frane sismo-indotte. Le informazioni disponibili sull’innesco delle frane sono al momento limitate. Tuttavia, si apprende dai media che il transito su alcune strade nella zona epicentrale è difficile a causa dei movimenti franosi. Inoltre, le cronache locali on-line (http://www.ilpescara.it/cronaca/terremoto-24-agosto-2016-crolla-parete-corno-piccolo-gran-sasso.html) riportano che una parte della parete est del Corno Piccolo (Gran Sasso) è crollata a causa del sisma. Infatti, i crolli sono i movimenti franosi che più frequentemente si verificano durante un evento sismico di energia medio-elevata.

L’evento di oggi si è verificato in un’area montuosa, caratterizzata dalla presenza diffusa di materiali geologicamente “deboli”. Questo determina un’alta suscettibilità all’innesco di frane in occasione dei terremoti, il che può aggravare considerevolmente gli scenari di danneggiamento attesi.

Considerando la magnitudo del terremoto e il suo meccanismo (attivazione di faglia normale), ci si potrebbe aspettare l’innesco di numerose frane (presumibilmente oltre un centinaio), come verificatori anche nell’evento del L’Aquila del 2009.

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Fig. 1 – Fossa (AQ), aprile 2009. Crolli di massi lapidei presso l’abitato (foto Luino F.).

Oltre alle frane per crollo, è presumibile ipotizzare che anche altri tipi di fenomenologie siano state innescate dal sisma, ma al momento non sono disponibili informazioni al riguardo. Inoltre, frane (in particolare crolli) possono verificarsi anche a seguito dei aftershock più forti (tipicamente oltre Mw 4). I crolli sono molto pericolosi a causa della loro velocità ed imprevedibilità (l’innesco istantaneo a causa di una scossa). In prima approssimazione, considerando la magnitudo del mainshock e dei successivi aftershock, la suscettibilità più alta al franamento dovrebbe riguardare i comuni entro 20 km dall’epicentro/faglia attivata. Si tratta dei seguenti comuni: Accumoli (Ri), Arquata del Tronto (AP), Amatrice (RI), Cittareale (RI), Norcia (PG), Acquasanta Terme (AP), Cascia (PG), Montegallo (AP), Montereale (AQ), Campotosto (AQ), Capitignano (AQ), Castelsantangelo Sul Nera (MC), Valle Castellana (TE), Posta (RI), Borbona (RI), Monteleone Di Spoleto (PG), Montemonaco (AP), Poggiodomo (PG), Preci (PG), Rocca Santa Maria (TE), Cortino (TE), Leonessa (RI), Roccafluvione (AP), Ussita (MC), Visso (MC). Si aggiunge che l’attività sismica capace di innescare franamenti potrebbe persistere per giorni o anche settimane.

Janusz Wasowski (IRPI CNR)

con i contributi di Vincenzo Del Gaudio (Univ. Bari), Fabio Luino e Mario Parise (IRPI CNR)